L’economia circolare nel settore fashion: verso un modello sostenibile

L’industria della moda è spesso al centro di dibattiti sulla sostenibilità. 

Il tradizionale modello lineare di produzione e consumo, noto per il “take-make-waste”, ha limiti strutturali e pesanti impatti ambientali e sociali. 

In questo articolo, esamineremo come l’adozione del modello circolare sia una valida e vincente alternativa al modello esistente, basata sull’adozione di un approccio sostenibile in ambito ambientale, sociale, culturale ed economico-finanziario.

I limiti del Modello Lineare

1500 miliardi di litri d’acqua e 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili.

Ecco soltanto due dati, del “Nature Reviews 2020“, emblematici per quantificare quello che è l’impatto ambientale della fast-fashion, ovvero quel settore dell’industria tessile che realizza abiti di qualità bassa a costo ridotto, lanciando una nuova collezione dietro l’altra e consumando una smodata quantità di risorse che, molto presto, si trasformano in rifiuti. 

Oltre all’insostenibilità del suo impatto ambientale, il modello lineare ha una serie di importanti limiti a livello strutturale, sociale ed economico: 

Limiti ambientali 

Il modello lineare fa un uso altamente inefficiente delle risorse, trattandole come se fossero infinte, anche laddove non lo sono.

Limiti sociali

In molte aziende di fast fashion, per mantenere i costi bassi, la produzione viene delocalizzata in paesi in via di sviluppo dove non esistono tutele e diritti per i lavoratori, che spesso lavorano in condizioni di sicurezza precarie e sottopagati.

Limiti strutturali 

Se consideriamo la definizione di sviluppo sostenibile fornita dalla commissione delle Nazioni Unite, ovvero: “[…] lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere le capacità delle future generazioni di soddisfare i propri”, capiamo che l’attuale modello economico non è sostenibile nel futuro. 

Inoltre, questo elevato utilizzo di nuove risorse implica anche una forte dipendenza dai produttori di materie prime che, come abbiamo visto di recente con il gas, può essere particolarmente critica. 

Che cos’è il modello circolare?

Quello dell’economica circolare è un modello di business che ha come obiettivo la sostenibilità e che mira a ridurre gli sprechi e la produzione di rifiuti massimizzando l’uso delle risorse, allungando il più possibile la vita di materie prime e prodotti finali.  

L’Assemblea Ambientale delle Nazioni Unite definisce l’economia circolare come “uno degli attuali modelli economici sostenibili, in cui prodotti e materiali sono progettati in modo tale da poter essere riutilizzati, rigenerati, riciclati o recuperati e quindi mantenuti nell’economia il più a lungo possibile, insieme alle risorse di cui sono fatti, e la produzione di rifiuti, soprattutto pericolosi, viene evitata o minimizzata, e le emissioni di gas serra sono prevenute o ridotte“.

I vantaggi del modello circolare

Il vantaggio più visibile dell’approccio circolare è certamente una forte riduzione della necessità di estrazione di nuove materie prime e, di conseguenza, una diminuzione di rifiuti e sprechi.

Un altro grande vantaggio, nonchè uno dei motivi che rendono il modello lineare non più perseguibile, è che l’economia circolare, limitando la dipendenza delle aziende dai produttori di materie prime, apporta un beneficio diretto anche all’autonomia aziendale e alla sua continuità operativa. 

Infatti, l’oscillazione improvvisa dei prezzi delle materie prime e le eventuali interruzioni di fornitura per motivi geopolitici o climatici, rendono il modello di economia lineare estremamente vulnerabile e rischioso.  

Ora che abbiamo una panoramica generale e che conosciamo i vantaggi del modello circolare, andiamo a scoprire, nel concreto, come applicare questo modello alla nostra quotidianità di consumatori. 

Fonti

“Circolarità: non solo eco-design, ma un nuovo modello di business“, 2022, Quantis.

“New economics for sustainable Development“,  United Nations Economist Network.

“The environmental price of fast fashion“, Nature, 2020.